martedì 24 giugno 2014

EURADOPT IN ASSEMBLEA A STOCCOLMA


Stockholm, CC by-sa 2.0 by szeke
Stoccolma Aprile 2014 – Alla fine di aprile si è svolta la conferenza biennale di EurAdopt, un’organizzazione punto di riferimento delle agenzie accreditate europee per l’adozione. I primi due giorni della conferenza erano aperti a tutti, poi i lavori si sono svolti a porte chiuse, esclusivamente per gli enti accreditati. Riportiamo di seguito i punti salienti trattati alla conferenza.
Dalla fine degli anni 1970 un piccolo numero di organizzazioni europee che operano nel settore delle adozioni internazionali si sono incontrate regolarmente per discutere argomenti di interesse comune. Furono i paesi nordici ad iniziare l’attuale cultura della condivisione delle diverse esperienze, che venne poi regolarizzata nel 1991. Inizialmente i temi affrontati furono le adozioni private e le difficoltà nel combattere il malcostume/corruzione nelle adozioni. Fin dagli inizi è stata data molta importanza alla ricerca e ai risultati ottenuti dalla ricerca stessa. Il momento decisivo poi avvenne con l’introduzione della convenzione dell’Aja nel 1993 e la sua successiva ratifica nel 1994. Attualmente i membri di EurAdopt provengono da 12 Paesi: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna e Svezia. Ogni anno queste organizzazioni seguono l’adozione internazionale di circa 4.000 bambini. Per quanto riguarda l’Italia fanno parte di Euroadopt Ciai e AiBi.
L’attenzione in questa edizione 2014 di EurAdopt è stata focalizzata sui seguenti temi:
Identità e radici, i diritti dei minori, l’affido e le possibili alternative all’adozione.
Laura Martinez-Mora, la commissario legale alla HCCH Permanent Bureau all’Aja, ha parlato dei vent’anni della Convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione e ha posto un’importante domanda: “La Convenzione è uno strumento efficace nell’implementare un sistema d’adozione etico e trasparente? Quali sono le attuali sfide?”. Nel cercare di rispondere a queste domande, Martinez- Mora ha menzionato che i prossimi obiettivi sono quelli di stabilire un quadro giuridico dove i responsabili di ogni passo siano identificabili e dove si ponga particolare attenzione al consenso durante il processo di adozione. Bisogna lavorare sia per una migliore informazione e consulenza per i genitori biologici che approcciano l’adozione internazionale sia sulla conservazione delle informazione per il figlio adottato. Ha inoltre sottolineato che la convezione stabilisce solo il quadro giuridico attorno al quale ogni Stato sviluppa il suo sistema d’adozione, ma che ancora oggi solo la metà degli Stati d’origine hanno ratificato la Convenzione.
Gli interventi di alcuni dei paesi nordici sono stati molto interessanti, perché hanno illustrato la loro attuale situazione nel panorama adottivo. In Islanda ad esempio l’adozione internazionale riflette il declino che sta influenzando anche gli altri paese europei, difatti nel 2013 le loro adozioni sono state  in totale 8. A causa della diminuzione del numero di adozioni, i costi dei servizi offerti alle famiglie rischiavano di aumentare o addirittura erano a rischio di estinzione, ma lo Stato è intervenuto per garantire i servizi come: corsi per i futuri genitori adottivi, supporto per genitori con figli adottivi con “esigenze specifiche” (e non con bisogni speciali, come sono definiti tradizionalmente), e il follow-up con le famiglie. Anche la Norvegia presenta un quadro simile, dove si registra un declino nelle nuove applicazioni che ovviamente influenza i costi dei servizi e i costi dell’adozione. In Norvegia ora si sta considerando di aprire l’adozione internazionale anche verso altri paesi, oltre a Cina, Russia, Guatemala e Etiopia con cui la collaborazione è già avviata. Come già denunciato da altri paesi, il problema della pressione economica per riuscire a mantenere gli enti operativi con costi stabili, può compromettere l’etica dell’adozione e di conseguenza il principio supremo della protezione dell’infanzia.
Nel corso dei due giorni si è parlato anche molto dei servizi del post-adozione e si sono confrontati i diversi modelli in Europa. Per l’Italia Paola Crestani ha presentato il modello italiano e i servizi offerti dal CIAI, suscitando domande tra i presenti sull’alto numero di famiglie italiane che decidono di adottare bambini con bisogni speciali. Per la Svezia la rappresentante dell’autorità centrale ha spiegato che le famiglie adottive e le famiglie affidatarie beneficiano degli stessi servizi. Il post-adozione è gestito dallo stesso gruppo di assistenti sociali e dall’autorità locale che hanno gestito il processo di adozione. Viene anche fornita consulenza per il delicato momento della ricerca delle informazioni e delle origini. Quest’ultimo è cresciuto d’importanza negli ultimi anni, ed è stato riscontrato che addirittura le seconde generazioni cercano i contatti per conoscere il passato dei loro genitori adottati.
Angelo Moretto, CHAIR di EurAdopt ha concluso queste intense giornate con delle riflessioni molto stimolanti. Si è chiesto quali siano i problemi che l’adozione internazionale sta fronteggiando in questo momento. Sembrerebbero due gli aspetti cruciali: da un lato ci sono troppi enti accreditati e dall’altro invece sono ancora troppo pochi i paesi che hanno ratificato la convenzione dell’Aja. Chi sopravvive quindi? Purtroppo il rischio è che a sopravvivere siano i truffatori. Una maggiore collaborazione tra le autorità centrali dei diversi paesi garantirebbe un maggior controllo. Quello che secondo Moretto deve accomunare tutti è innanzitutto il desiderio di fronteggiare le sfide dell’etica nell’adozione, secondariamente la consapevolezza che c’è bisogno di più ricerca per influenzare i miglioramenti nella legislazione, ed infine il potenziare la cura e il perfezionamento dei servizi pre e post adozione.
Katia Narzisi
Dottoranda presso la Open University a Londra

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