martedì 24 giugno 2014

DI DOVE SIETE.....?

UNA VISIONE NUOVA DELLE ADOZIONI INTERNAZIONALI

23/06/2014
Il Presidente del Consiglio ha invitato il futuro Presidente della Commissione a pensare fuori dagli schemi per rilanciare l’Europa. Renzi ci perdonerà se alziamo la mano e proviamo a fare una piccola proposta per superare quella che tutti gli osservatori giudicano la grande debolezza dell’Europa: l’assenza di una politica estera comune.
Per lo sviluppo di una politica estera comune è sempre mancato il punto di attacco. Le grandi crisi geopolitiche non riescono a fare da catalizzatore perché alla fine prevalgono gli interessi strategici ed economici nazionali. Inutile insistere con i soliti discorsi, ripetuti mille volte. E’ sufficiente che sia a rischio una commessa militare o qualche pozzo di petrolio e ogni paese europeo inizia a marciare per la sua strada. Cambiamo allora schema e partiamo dalla dimensione “sociale” dell’Europa, che è poi quella che i cittadini hanno dimostrato di amare di più (vedi Erasmus o Schengen o anche la stessa sostituzione delle valute nazionali con l’euro) e per la quale i cittadini sono disposti a far sentire la loro voce.
Senza interferire in una materia come quella del diritto familiare che rimane di competenza nazionale, la proposta è che i singoli paesi membri mettano a disposizione la propria rete di ambasciate e consolati nei paesi extra-comunitari, al solo scopo di sbrigare le pratiche burocratiche per quel che riguarda il ritorno a casa delle neo-famiglie. Si badi bene che non stiamo parlando della fase prima della sentenza estera di adozione, ma della fase che inizia subito dopo che il tribunale straniero ha emesso tale sentenza. In questa fase, la neo-famiglia risiede ancora nel paese straniero e non può rientrare a casa perché la sentenza deve essere recepita dalle autorità competenti del proprio paese (il CAI in Italia). La sentenza (ed altra documentazione anagrafica) ad esempio deve essere tradotta nella propria lingua (ad esempio, dal portoghese all’italiano) e poi la traduzione deve essere autenticata. I documenti vanno portati al consolato/ambasciata più vicina e da qui inviati al CAI. Una volta che il CAI autorizza, viene conferita la cittadinanza italiana e sono emessi i passaporti che consentono ai bambini di viaggiare con i neo-genitori e ritornare in Italia.
Solo per avere un’idea della complessità, dei tempi e dei costi, posso riportare la mia esperienza. Noi abbiamo adottato a Belem, una città brasiliana posta sull’equatore. La traduzione autenticata l’abbiamo dovuta far fare a San Paolo (2900 km a sud). La traduzione l’abbiamo dovuta portare al consolato più vicino, che è a Recife (1700 km) ed apre a giorni alterni, dovendo servire un’area grande 1/3 dell’Europa. Potersi appoggiare ai consolati degli altri paesi europei presenti a Belem avrebbe fatto una differenza non da poco.
La proposta è quindi molto semplice: utilizzare le strutture consolari di un qualsiasi paese della UE per la trasmissione e la ricezione dei documenti ufficiali da e per l’Italia.
Ma da qui si può procedere subito in altre direzioni, dal significato profondo. Ad esempio, si può pensare ad un passaporto europeo, specifico per i minori adottati o per altre situazioni speciali in cui un cittadino europeo può venirsi a trovare (ad esempio, furto dei documenti di viaggio, ….) e utilizzabile solo in via temporanea, sostanzialmente per il viaggio di rientro. La prima cittadinanza del bambino, il suo primo passaporto sarebbe “europeo”.
Non solo. La traduzione dei documenti potrebbe essere operata dal centro traduzioni di Bruxelles, se la lingua in cui sono redatti i documenti legali è una delle lingue parlate anche nella Unione Europea (con inglese, francese, spagnolo e portoghese si coprono parecchie destinazioni). Magari, in questo modo i cittadini inizierebbero a percepire la diversità linguistica e culturale dell’Europa come un valore positivo, non come un fardello economico.

EURADOPT IN ASSEMBLEA A STOCCOLMA


Stockholm, CC by-sa 2.0 by szeke
Stoccolma Aprile 2014 – Alla fine di aprile si è svolta la conferenza biennale di EurAdopt, un’organizzazione punto di riferimento delle agenzie accreditate europee per l’adozione. I primi due giorni della conferenza erano aperti a tutti, poi i lavori si sono svolti a porte chiuse, esclusivamente per gli enti accreditati. Riportiamo di seguito i punti salienti trattati alla conferenza.
Dalla fine degli anni 1970 un piccolo numero di organizzazioni europee che operano nel settore delle adozioni internazionali si sono incontrate regolarmente per discutere argomenti di interesse comune. Furono i paesi nordici ad iniziare l’attuale cultura della condivisione delle diverse esperienze, che venne poi regolarizzata nel 1991. Inizialmente i temi affrontati furono le adozioni private e le difficoltà nel combattere il malcostume/corruzione nelle adozioni. Fin dagli inizi è stata data molta importanza alla ricerca e ai risultati ottenuti dalla ricerca stessa. Il momento decisivo poi avvenne con l’introduzione della convenzione dell’Aja nel 1993 e la sua successiva ratifica nel 1994. Attualmente i membri di EurAdopt provengono da 12 Paesi: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna e Svezia. Ogni anno queste organizzazioni seguono l’adozione internazionale di circa 4.000 bambini. Per quanto riguarda l’Italia fanno parte di Euroadopt Ciai e AiBi.
L’attenzione in questa edizione 2014 di EurAdopt è stata focalizzata sui seguenti temi:
Identità e radici, i diritti dei minori, l’affido e le possibili alternative all’adozione.
Laura Martinez-Mora, la commissario legale alla HCCH Permanent Bureau all’Aja, ha parlato dei vent’anni della Convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione e ha posto un’importante domanda: “La Convenzione è uno strumento efficace nell’implementare un sistema d’adozione etico e trasparente? Quali sono le attuali sfide?”. Nel cercare di rispondere a queste domande, Martinez- Mora ha menzionato che i prossimi obiettivi sono quelli di stabilire un quadro giuridico dove i responsabili di ogni passo siano identificabili e dove si ponga particolare attenzione al consenso durante il processo di adozione. Bisogna lavorare sia per una migliore informazione e consulenza per i genitori biologici che approcciano l’adozione internazionale sia sulla conservazione delle informazione per il figlio adottato. Ha inoltre sottolineato che la convezione stabilisce solo il quadro giuridico attorno al quale ogni Stato sviluppa il suo sistema d’adozione, ma che ancora oggi solo la metà degli Stati d’origine hanno ratificato la Convenzione.
Gli interventi di alcuni dei paesi nordici sono stati molto interessanti, perché hanno illustrato la loro attuale situazione nel panorama adottivo. In Islanda ad esempio l’adozione internazionale riflette il declino che sta influenzando anche gli altri paese europei, difatti nel 2013 le loro adozioni sono state  in totale 8. A causa della diminuzione del numero di adozioni, i costi dei servizi offerti alle famiglie rischiavano di aumentare o addirittura erano a rischio di estinzione, ma lo Stato è intervenuto per garantire i servizi come: corsi per i futuri genitori adottivi, supporto per genitori con figli adottivi con “esigenze specifiche” (e non con bisogni speciali, come sono definiti tradizionalmente), e il follow-up con le famiglie. Anche la Norvegia presenta un quadro simile, dove si registra un declino nelle nuove applicazioni che ovviamente influenza i costi dei servizi e i costi dell’adozione. In Norvegia ora si sta considerando di aprire l’adozione internazionale anche verso altri paesi, oltre a Cina, Russia, Guatemala e Etiopia con cui la collaborazione è già avviata. Come già denunciato da altri paesi, il problema della pressione economica per riuscire a mantenere gli enti operativi con costi stabili, può compromettere l’etica dell’adozione e di conseguenza il principio supremo della protezione dell’infanzia.
Nel corso dei due giorni si è parlato anche molto dei servizi del post-adozione e si sono confrontati i diversi modelli in Europa. Per l’Italia Paola Crestani ha presentato il modello italiano e i servizi offerti dal CIAI, suscitando domande tra i presenti sull’alto numero di famiglie italiane che decidono di adottare bambini con bisogni speciali. Per la Svezia la rappresentante dell’autorità centrale ha spiegato che le famiglie adottive e le famiglie affidatarie beneficiano degli stessi servizi. Il post-adozione è gestito dallo stesso gruppo di assistenti sociali e dall’autorità locale che hanno gestito il processo di adozione. Viene anche fornita consulenza per il delicato momento della ricerca delle informazioni e delle origini. Quest’ultimo è cresciuto d’importanza negli ultimi anni, ed è stato riscontrato che addirittura le seconde generazioni cercano i contatti per conoscere il passato dei loro genitori adottati.
Angelo Moretto, CHAIR di EurAdopt ha concluso queste intense giornate con delle riflessioni molto stimolanti. Si è chiesto quali siano i problemi che l’adozione internazionale sta fronteggiando in questo momento. Sembrerebbero due gli aspetti cruciali: da un lato ci sono troppi enti accreditati e dall’altro invece sono ancora troppo pochi i paesi che hanno ratificato la convenzione dell’Aja. Chi sopravvive quindi? Purtroppo il rischio è che a sopravvivere siano i truffatori. Una maggiore collaborazione tra le autorità centrali dei diversi paesi garantirebbe un maggior controllo. Quello che secondo Moretto deve accomunare tutti è innanzitutto il desiderio di fronteggiare le sfide dell’etica nell’adozione, secondariamente la consapevolezza che c’è bisogno di più ricerca per influenzare i miglioramenti nella legislazione, ed infine il potenziare la cura e il perfezionamento dei servizi pre e post adozione.
Katia Narzisi
Dottoranda presso la Open University a Londra

I GIORNI PERDUTI





"Non ce ne siamo perso nessuno di primi giorni, che fossero della scuola materna, di vacanza, di qualsiasi avvenimento che la coinvolgesse.
Abbiamo deciso che di date importanti ne abbiamo perdute di troppe quando lei era in orfanotrofio, per rinunciare a starle accanto in ogni attimo significativo della sua vita.
E' un'esigenza più che una vera e propria volontà, non c'e' nulla di filosofico o costruito in questa nostra scelta. Semplicemente e' così che sentiamo di vivere, che crediamo sia necessario.
Ci siamo persi il suo primo giorno di vita, i suoi primi vagiti, i suoi primi anni, i suoi primi malanni, i suoi primi sorrisi, le sue prime lacrime, le sue prime notti sveglia per qualche brutto sogno, i suoi primi dentini, i suoi primi passi, i suoi primi compleanni, le sue prime parole e tanto altro. Troppo altro.
Così anche momenti che possono sembrare insignificanti per la maggior parte delle persone, assumono per la nostra famiglia connotazioni speciali. Abbiamo imparato a non banalizzare nulla perché l'unica cosa banale e' la superficialità.
Come qualsiasi genitore adottivo abbiamo capito che il tempo e' un valore che troppo a lungo e' stato negato ai nostri figli e alle attenzioni che volevamo offrirgli, che ogni evento e' stata una conquista per tutta la famiglia, un dono al quale non bisogna rimanere indifferenti."
(F.Selini - I giorni mai resi)

lunedì 23 giugno 2014

NO COMMENT

SAVONA
20/06/2014

Abusava dei minori ospiti di una casa famiglia, arrestato

L’uomo, 45 anni, gestiva l’Istituto. La polizia ha sequestrato documenti e il computer
L’uomo è stato arrestato su disposizione del gip Emilio Fois

CELLE L.
Un uomo di 45 anni, gestore di una casa famiglia di Celle Ligure è stato arrestato con l’accusa di aver abusato sessualmente degli ospiti minorenni dell’istituto. L’uomo è stato arrestato dalla squadra mobile di Savona su disposizione del gip Emilio Fois che ha accolto la richiesta del pm Chiara Venturi. L’indagine è partita dopo la denuncia di alcuni ragazzi, ora maggiorenni, ospiti della struttura. Indagata in concorso anche la moglie che non avrebbe impedito al marito di molestare i ragazzi. La polizia ha sequestrato documenti e il computer. 

sabato 21 giugno 2014

ITALIANI.... QUESTI PUZZONI


Oggi, giornata del rifugiato......i nostri avi sono emigrati per necessità, da un Paese che allora non dava garanzie per il futuro.....ricordiamoci di ciò che fu scritto di noi, prima di scagliare altre pietre. Buona lettura.
Piccoli e scuri, puzzano e rubano
«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in 2 e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano 4, 6, 10. Parlano lingue incomprensibili, forse dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina; spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali».
Fonte: Relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani, ottobre 1919.

venerdì 20 giugno 2014

Facciamoci una risata...



UN ESERCITO DI FIGLI MANCATI - L'ITALIA NON E' UN PAESE PER BAMBINI...









Il 17 giugno è stato presentato a Roma il settimo rapporto del Gruppo CRC Italia (Convention on the Rights of the Child). 
Il Gruppo CRC si è costituito nel dicembre 2000 con l’obiettivo prioritario di preparare il Rapporto sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child - CRC) in Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Dal rapporto - presentato alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti e dell’Autorità per l’Infanzia e l’Adolescenza Vincenzo Spadafora – emerge un quadro davvero sconfortante di quella che è la situazione dei minori fuori famiglia.
Secondo gli ultimi dati disponibili sono 14.991 i minori accolti in comunità a fronte dei 29.388 ragazzi e bambini allontanati dalla propria famiglia di origine; 594 in più rispetto a quelli in affido.
L’incidenza percentuale degli inserimenti in comunità residenziale di bambini in età pre-scolare (0-5 anni) è stata del 14 per cento sul totale. “Si registra dunque un uso preoccupante e ancora troppo consistente dell’inserimento in comunità di bambini piccolissimi, sin dal loro primo collocamento – sottolinea il rapporto - È necessario un’inversione di tendenza in questo senso, così come è fondamentale segnalare la mancanza di dati e informazioni utili per restituire unicità e continuità alla storia di ogni minorenne, per accompagnarlo nella crescita”.
Sono inoltre aumentati i bambini dichiarati adottabili (11% in più).
Nel rapporto viene evidenziato però che il sistema di raccolta delle informazioni sullo stato dell’infanzia e dell’adolescenza è ancora assolutamente carente in quanto sia la Banca Dati Nazionale dei minori adottabili che la Banca Dati sull’abuso sessuale di minorenni non sono assolutamente ancora a regime.
Nonostante l’aumento del numero delle coppie che si rivolgono all’adozione nazionale il numero dei minori che, pur essendo adottabili non vengono adottati, continua a crescere.
Il numero dei bambini adottabili ma ancora in accoglienza temporanea è di circa 1.900 minori di cui il 59 percento si trova in comunità e solo il 41 percento in affidamento familiare.
“Da anni il Gruppo Crc segnala l’urgenza di un monitoraggio di questo fenomeno per capire chi sono questi bambini ed esplorare possibili strategie d’intervento  - si legge nel rapporto -, ma la mancanza di effettiva operatività della Bda non aiuta, soprattutto perché non consente la messa in rete di tutti i Tribunali per i minorenni e quindi l’ottimizzazione degli abbinamenti per le adozioni, soprattutto per i bambini con bisogni speciali e/o particolari”.
“A oggi non esiste un monitoraggio compiuto a livello istituzionale delle risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza e proprio dall’analisi realizzata dal Gruppo Crc risulta evidente che manca una strategia complessiva sul piano nazionale e una visione di lungo periodo”, conclude Arianna Saulini di Save the Children. “In occasione del lancio del precedente  rapporto Crc l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza si è assunta l’impegno di predisporre un rapporto articolato sullo stato complessivo delle risorse per l’infanzia e l’adolescenza nel nostro Paese. Questo impegno si è trasformato in una richiesta al Ministro dell’Economia e delle Finanze per impostare un lavoro congiunto che consenta di monitorare le spese del bilancio dello Stato dedicate ai bambini e agli adolescenti. Ci auguriamo che questo possa aver inizio in tempi brevi”.
Tutte le associazioni che operano nel settore da anni continuano a ribadire che è necessario che su questa questione venga fatta chiarezza e che ogni minore debba avere i propri dati inseriti nella Banca Dati relativa con l’indicazione della sua posizione giuridica e del singolo progetto che per lui/lei devono avere elaborato i Servizi Sociali ed i Tribunali.
I bambini che restano nel limbo delle comunità educative sono tanti, troppi e non si può perdere altro tempo se vogliamo dare loro concrete opportunità di crescita.



La richiesta delle bambine ai governanti del mondo in vista della conferenza internazionale sulla Educazione Globale!

Si terrà il prossimo 26 giugno a Bruxelles la seconda Conferenza dei donatori del Partenariato globale per l’educazione (Gpe), l’organismo internazionale dedicato a garantire una formazione di qualità per i bambini delle scuole di tutto il mondo. Alla conferenza, che riunirà più di 500 attori del settore dell'istruzione, parteciperanno la presidente del Gpe, Julia Gillard, il primo ministro della Repubblica democratica del Congo, Augustin Matata Ponyo, il direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco), Irina Bokova, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per l’educazione, Gordon Brown, il commissario europei per lo Sviluppo, Andris Piebalgs, e quello per la Cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi, Kristalina Georgieva.